Presentazione:
Le attività del Polo Universitario Penitenziario si basano su specifici accordi stipulati negli anni 2017 e 2018 tra l’Università di Parma e gli Istituti Penitenziari di Parma, che prevedono appunto una serie di azioni specifiche per sostenere lo studio individuale e gruppale: fornire materiali, strutturare servizi interni di biblioteca, garantire gli esami, garantire un supporto allo studio tramite il tutoraggio ai singoli studenti (tutoraggio peer, affidato ad altri studenti), e così via. Queste attività rientrano nel mandato della didattica universitaria garantita a tutti gli studenti, e quindi anche a quelli detenuti.
Tuttavia, l’idea adottata dal nostro PUP infatti è quella di “diritto allo studio” come “diritto alla classe”, al confronto, al dibattito. L’obbiettivo quindi non è (sol)tanto quello di garantire l’apprendimento di nozioni e competenze attraverso lo studio individuale, ma piuttosto quello di sviluppare spazi di confronto con i docenti, con altri studenti, e con cittadini interessati, per incrementare la capacità di confrontarsi e di riflettere criticamente sulle proprie conoscenze e le proprie idee. Se questo aspetto della formazione universitaria è importante per ciascuno studente universitario, all’interno del PUP diventa l’elemento centrale.
In tal senso il PUP di Parma ha sviluppato negli ultimi anni alcuni spazi di confronto tra detenuti, studenti universitari e cittadini, che nel corso defli anni si sono incrementati e messi a sistema. A partire quindi dal 2016 si sono avviati i primi laboratori in carcere con studenti e detenuti inerenti la disciplina della sociologia dei processi culturali, con l’idea di estenderli ad altri ambiti disciplinari.
Obiettivo del lavoro: l’esperienza del PUP si può considerare come tentativo di sviluppare una “membrana sociale” tra la città e il carcere, di creare spazi di incontro, presentazione reciproca, discussione, e infine de stigmatizzazione tra gruppi sociali molto distanti, perseguendo strategie di rassicurazione sociale non violenta.
Descrizione dell’esperienza:
La modalità dei laboratori didattici svolti da studenti detenuti e non detenuti è una modalità didattica di tipo “teatrale” che vede in aula da un lato il docente (nel nostro caso, sino ad oggi docente di sociologia dei processi culturali, Vincenza Pellegrino) e dall’altro un operatore teatrale (nel nostro caso, Vincenzo Picone, sceneggiatore e regista del Teatro Due e Irene Valota).
L’obiettivo è creare una “classe universitaria laboratoriale”: un laboratorio centrato su una prima fase di lettura\analisi teorica su vari temi, seguito da una fase di dibattito ed esercizi di scrittura riflessiva da parte degli studenti, ed infine da una fase di teatralizzazione degli scritti prodotti al fine di presentare le riflessioni ad altri detenuti e altri cittadini.
In tal senso, abbiamo creato classi di circa 15 studenti detenuti e 15 studenti non detenuti che si sono incontrati una volta alla settimana dai mesi di novembre a quelli di giugno dal 2016 al 2024, in corso. Sin dalle prime esperienze del 2016, ci siamo accorti che la scrittura degli studenti detenuti e non detenuti creava una sorta di vertigine temporale in cui l’esperienza del singolo si componeva con quelle degli altri in modo intenso e imprevisto. Forse è una qualità degli spazi chiusi e privati dal ciclo solare - ci siamo detti - quella di creare una sorta di sospensione del giudizio, poiché non vi sono coordinate spaziali né temporali e si è maggiormente inclini ad accettare la propria condizione, a farne un punto di partenza inevitabile per narrazioni profonde e aperte. “Il singolo partecipante diviene ciò che dice”, ha detto una volta uno studente. “La sua identità si manifesta attraverso la ricerca di una parola che può farlo nascere diverso”, per citarne un altro.
Nel concreto poi, l’utilizzo del mezzo teatrale, la messa in lettura ed in scena dei pensieri prodotti, il movimento dei corpi, e così via - l’introduzione del linguaggio scenico all’interno della classe universitaria e dentro agli istituti penitenziari - permette ancora di più la creazione di un terreno comune, di confronto e scontro tra i soggetti partecipanti con maggiore immediatezza, grazie anche alla garanzia di una “facilitazione” esperta, di un ruolo di regia più esplicito esercitato dal docente e dall’operatore teatrale.
Presentando la metodologia di produzione culturale teatrale che abbiamo tentato e abbiamo in mente di perfezionare rispetto alla didattica sperimentale del PUP, potremmo brevemente sintetizzare tre principali dinamiche di produzione culturale (di produzione di pensieri e scritti) da sviluppare ulteriormente:
? Un primo movimento è finalizzato a creare un ambiante di ascolto e condivisione dei contenuti ? Un secondo movimento riguarda invece la “messa in azione”
? Un terzo movimento riguarda invece quella della “messa in scena” delle proprie elaborazioni – scritture autobiografiche e esercizi corporei ad esse legati – davanti ad un pubblico di cittadini invitati a commentare a loro volta quanto vedono e ascoltano
Risultati
? Rivista Cerchioscritti
? Laboratori “ponte” con istituti secondari di secondo grado
? Mostre e seminari coordinati da studenti/esse, stu-detenuti
? Sito Polo Universitario Penitenziario
? Pagina social – instagram Cerchioscritti
Conclusioni generali:
Attraverso questo processo di pontualità le ricadute sono quelle di trasformazione degli immaginari collettivi, dei luoghi comuni. Quelli che provocano insicurezza sociale, emotiva, economica. Chi viene in carcere esce con un’altra idea non solo del luogo, dei suoi “ospiti” ma anche di sè stesso.
Quello in carcere è, quindi, un incontro che cambia individualmente e collettivamente. Crea consapevolezze, dialogo, fiducia, cambiamento sono un trinomio inscindibile che creano nuovi possibili futuri, nuove sensibilità, nuovi punti di vista e una società più sicura. L’incontro con la società esterna apre scenari sulle possibili forme di riparazione ed autoriparazione, di una nuova visione di giustizia riparativa che vede al centro il dialogo, i bisogni dell’altro, la costruzione di una fiducia reciproca, la possibilità di contribuire ad una società migliore.